A sentirsi uguali si comincia da piccole e da piccoli!

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A SENTIRSI UGUALI SI COMINCIA DA PICCOLE E DA PICCOLI!
(STRATEGIE EDUCATIVE PER LA PARITA’ DI GENERE)

Sono educatrice di asilo nido ormai da diversi anni. Uso volutamente l’espressione “essere educatrice” invece di “fare l’educatrice”, perché si tratta di una professione che richiede non solo di saper svolgere dei compiti e adempiere a delle responsabilità, ma anche e soprattutto di “saper essere”, riuscendo a stare nel contesto con le bambine ed i bambini in modo consapevole, partecipe, creativo e libero.

Non per questo va considerata, come più di una volta ho sentito dire, una professione per cui bisogna essere portati/e, una specie di missione a cui votarsi per naturale inclinazione, o almeno non più di quanto accada per tutti gli altri lavori che una persona sceglie di fare. Voglio dire che di sicuro si sceglie di dedicarsi all’educazione perché l’ambito interessa e piace, ma questo non basta a farne un mestiere. C’è bisogno di studiare, di formarsi costantemente, di mettersi in discussione, di crescere negli aspetti professionali, di fare pratica, di sbagliare ed aggiustare il tiro per migliorare le proprie competenze. E il fatto di essere donna non facilita il ruolo, in nome di quel mitologico innato senso di cura che ancora qualcuno si ostina a voler associare al sesso femminile. E’ innegabile che la stragrande maggioranza del personale educativo per la prima infanzia sia costituito da donne, ma ciò non sta a significare che sia un lavoro in cui le donne riescono meglio, quanto semmai che è un lavoro su cui pesa un ingombrante stereotipo di genere, che lo dipinge come estremamente opportuno per una donna e completamente inadatto ad un uomo. Io, per parte mia, sono convinta che se nella vita avessi avuto l’ambizione di fare la gruista portuale, avrei tentato con tutti i mezzi di realizzare il mio obiettivo…allo stesso modo spero che non si lascino scoraggiare dal pregiudizio i giovani maschi che coltivano il sogno di diventare educatori d’infanzia.

E a proposito di pregiudizi, veniamo al motivo per cui mi sento una privilegiata nel mio ruolo di educatrice. E’ estremamente difficile, per non dire impossibile, avere a che fare con qualcuno che sia di questo mondo e che non abbia qualche pregiudizio in merito a qualcosa. Tutti ne abbiamo, perfino le persone che si dichiarano e si dimostrano le più libere e tolleranti, sono inevitabilmente viziate nel loro modo di pensare da condizionamenti inculcati dall’esterno, anche se a livello inconscio. Con le bambine ed i bambini fino a tre anni di età, questo non accade. Sono personcine in divenire, mosse da un tumulto di potenzialità che non aspettano altro se non l’occasione di emergere, ancora immuni dal potere del giudizio altrui, desiderose di trovare ed esprimere una loro individualità, che non ha alcun bisogno di allinearsi a canoni prestabiliti per sentirsi legittimata. In questa sorta di “riserva naturale” i cui confini non sono minacciati da i tanti inquinamenti esterni (ma lo saranno di lì a poco), si hanno la fortuna ed il privilegio di poter mettere in atto azioni e comportamenti educanti che promuovano il pensiero divergente, il rispetto e la valorizzazione della propria individualità, l’empatia nei confronti delle individualità altrui. In un contesto così accogliente e favorevole, anche l’uguaglianza di genere tra maschi e femmine può essere facilmente sostenuta ed incoraggiata. Proporre al gruppo attività di gioco simbolico non connotate, fa sì che non nasca l’idea di giochi da maschi e giochi da femmine e suggerisce a bambine e bambini che chiunque può giocare a far finta di essere ciò che vuole. Ecco che le borse, i foulard e le scarpe col tacco dell’angolo del travestimento attirano in ugual misura maschi e femmine il cui unico interesse è quello di indossare oggetti da grandi; ecco che le bambole vengono spogliate, cambiate, cosparse di crema, lavate e pettinate allo stesso modo da bambine e bambini, il cui unico intento è quello di sperimentare attivamente gesti di cura che solitamente sono abituate/i a ricevere. Poter decidere di giocare liberamente con le costruzioni o con la piccola cucina in miniatura, potersi arrampicare sulla collina dello scivolo sporcandosi di fango o dedicarsi al collage o alla pittura, veicola il messaggio che abilità e qualità come l’ingegno, l’irruenza, l’intraprendenza, la cura per i particolari, il senso estetico, l’emotività, non siano appannaggio di uno o dell’altro sesso, ma alla portata di chiunque voglia sperimentarle. Nel mio gruppo di bambine e bambini non si fa distinzione tra colori da maschi e colori da femmine, si indossa il bavaglino o il grembiule che capita, l’importante è che il gesto sia condiviso, perché significa che tra poco pranzeremo insieme o andremo a fare un laboratorio. Nessuno dice ad una bambina “stai composta” o ad un bambino “non piangere”, perché ognuno è incoraggiato e sostenuto ad esprimere se stesso e le proprie emozioni nel modo che preferisce. Quando, alla fine di una mattinata intensa e faticosa, li guardo costruire in autonomia il “treno di sedie” e salire a bordo agghindati con cappelli, sciarpe, occhialoni da sole, pantaloni e gonne variopinte, maschi o femmine che siano, non posso che restare a guardarli con orgoglio, sentendo sparire la stanchezza ed augurandomi che quel treno possa viaggiare libero per sempre.

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Author Profile
Educatrice di Nido

Nata a Pietrasanta nel 1975, Luisa Lorenzoni vive e lavora tra la città di Lucca e la Versilia.
Appassionata da sempre di lettura e scrittura, si è cimentata nella creazione di racconti brevi di vario genere,
con i quali ha partecipato a concorsi letterari.
Ha inoltre collaborato alla realizzazione di alcuni progetti artistici, curandone i testi e diventandone voce narrante.

Educatrice di nido convinta e appassionata, crede che le piccole e i piccoli di oggi saranno le adulte e gli adulti migliori di domani.